Roland Verra
La legge-quadro 482/’99 ed i Ladini
A vent’anni dalla promulgazione della legge-quadro
482/’99 per la tutela delle minoranze storiche in Italia ci si chiede quale sia
stato il suo impatto sulla condizione della minoranza ladina.
La mia esperienza in materia di Legge 482 risale
principalmente alla mia attività di Intendente Scolastico per le Scuole delle
Località Ladine, incarico che ho svolto dal 1992 al 2018.
Le normative che regolano l’uso e l’insegnamento del
ladino in Provincia di Bolzano sono ben precedenti l’approvazione della legge
482 e si rifanno al principio sancito già nel primo Statuto d’Autonomia del
1948 che recita all’articolo 87: “E’ garantito l’insegnamento del ladino nelle
scuole elementari delle località ove esso è parlato”.
In seguito si ebbero ulteriori passi avanti, specie in
grazia del DPR 89 del 1983, Norme di attuazione del secondo Statuto d’
Autonomia del 1972, che prevedeva anche l’uso del ladino quale strumento
d’insegnamento nelle scuole di ogni ordine e grado, principio che avrebbe
aperto delle prospettive interessanti, però non del tutto recepite fino ad ora,
fuorché in Val di Fassa in Trentino, che ha attuato in seguito anche l’uso
veicolare del ladino in alcune materie.
Nelle località ladine in provincia di Bolzano
l’insegnamento si regge in pratica sul sistema paritetico, cioè sull’uso per
pari numero di ore del tedesco e dell’italiano quali lingue di insegnamento,
mentre il ladino è insegnato quale materia curricolare per due ore settimanali
nelle scuole di ogni ordine e grado e può essere usato anche quale strumento
d’insegnamento. Questo aspetto, cioè l’uso quale strumento d’insegnamento, del
resto richiamato anche all’art.4 della
legge 482, avrebbe il potenziale per estendere ulteriormente la presenza della
lingua minoritaria nell’educazione, ma purtroppo finora se ne è data nelle
nostre scuole un’interpretazione restrittiva, quale mera lingua di spiegazione
o supporto nell’ambito delle lezioni esposte in lingua italiana o tedesca e
perlopiù nelle classi iniziali della scuola primaria. Le mie iniziative, volte
a rafforzare l’uso del ladino a scuola anche al di fuori delle sole due ore
settimanali curriculari, specie nell’ ambito della cosiddetta educazione
linguistica integrata, furono aspramente osteggiate da ambienti non favorevoli
ad un ulteriore sviluppo e riconoscimento del ladino. Dovetti anche penare non
poco per incardinare l’insegnamento della lingua e cultura ladina nelle scuole
secondarie di secondo grado, il che fu possibile solo con grande ritardo
rispetto agli altri livelli d’istruzione. Un notevole passo avanti si ebbe in
seguito all’introduzione della cosiddetta alfabetizzazione trilingue nella
prima classe delle scuole primarie delle località ladine, che poneva su un
piede di parità il ladino, l’italiano ed il tedesco quali lingue di prima
alfabetizzazione. Va detto inoltre che la scuola dell’infanzia in tali località
dovrebbe essere precipuamente ladina, anche se negli ultimi tempi si sta
avviando verso un trilinguismo di fatto.
La formazione degli insegnanti della scuola dell’infanzia
e della scuola primaria delle località ladine prevede un congruo numero di
lezioni in lingua ladina presso la Facoltà di scienze della formazione della
Libera Università di Bolzano, rispecchiando per il resto l’impianto paritetico
con lingua d’insegnamento italiana e tedesca. Per la formazione degli
insegnanti ladini in Val di Fassa venne invece avviato recentemente un apposito
percorso formativo, in collaborazione tra la scuola ladina e le Università di
Trento e di Bolzano, denominato Antropolad.
Lo sviluppo della scuola nelle valli ladine in Provincia
di Bolzano ed in quella di Trento non è sostanzialmente dipeso dall’
applicazione della legge 482, mentre per le località ladine in Provincia di
Belluno la legge 482 ha avuto una grande importanza, almeno quale riferimento
giuridico per alcune iniziative in campo scolastico, seppur ancora piuttosto
marginali nel contesto di un curricolo quasi esclusivamente in lingua italiana.
Mi sia permesso a questo punto sottolineare la centralità
della figura di Tullio De Mauro per quanto riguarda non solo il varo della
legge 482 ma anche il riconoscimento dell’importanza delle lingue minoritarie
nel contesto culturale e politico della Repubblica Italiana in generale.
Nella mia funzione di Intendente Scolastico ho avuto modo
di conoscere il Prof. Tullio de Mauro, sia quale linguista, che è anche
intervenuto ad un evento nell’ ambito della formazione del personale educativo
ladino ad Ortisei, sia quale Ministro dell’Istruzione, nel breve periodo in cui
ha rivestito quella carica.
Va reso merito al Prof. De Mauro per la grande
sensibilità dimostrata non solo in quelle occasioni rispetto al riconoscimento
del valore culturale ed educativo delle lingue minoritarie. Con particolare
riguardo alla minoranza ladina dolomitica va ricordata inoltre la sua collaborazione
concreta coll’ Istituto Culturale Ladino “Micurá de Rü”, nell’ elaborazione dei
vocabolari e dei rispettivi supporti informatici, presentati in sua presenza
all’ Accademia dei Lincei a Roma.
In seguito potei collaborare nell’ ambito della commissione
per la valutazione dei progetti scolastici afferenti la legge 482, presso il
MIUR, quale rappresentante della minoranza ladina nel suo complesso, benchè la
Provincia Autonoma di Bolzano non attingesse ai finanziamenti previsti dalla
stessa in ambito educativo, finanziamenti che si sono andati purtroppo
riducendo di molto nel tempo, reputando il finanziamento del settore scolastico
di sua esclusiva competenza. Ciononostante collaborai alla valutazione di
progetti volti alla promozione della cultura e lingua minoritaria per le valli
ladine del Trentino e del Bellunese, oltre ovviamente anche delle altre
comunità linguistiche storiche riconosciute dalla legge stessa.
Dato che i bandi relativi ai finanziamenti in oggetto
prevedevano la creazione di una rete territoriale di cooperazione tra scuole
che insistevano su un territorio abitato da una minoranza storica, tale opportunità
non poté essere estesa alle valli ladine in provincia di Bolzano. Non è stato
finora reso pienamente operativo da parte degli enti locali territoriali delle
tre province di Bolzano, Trento e Belluno quell’organismo di coordinamento
previsto dall’ articolo 3 della legge 482, individuato dalla legge proprio nel
caso in cui le minoranze linguistiche si trovino distribuite su diverse
province, come è appunto il caso della minoranza ladina. L’ associazione dei
comuni ladini non ha svolto finora le funzioni di cui sopra, limitandosi a scarse
iniziative di carattere sostanzialmente formale, mentre l’ Union Generela di
Ladins dla Dolomites, storica associazione dei Ladini Dolomitici, non ha sinora
ottenuto il pieno riconoscimento al riguardo da parte degli enti territoriali
competenti.
Nonostante ciò furono ideati e realizzati durante il mio incarico numerosi
progetti che includevano tutti e tre i tronconi della Ladinia Dolomitica,
specialmente per iniziativa diretta dell’ Intendenza Scolastica Ladina, che se
non sfociarono nell’ auspicata costituzione di un organo stabile di consultazione
e cooperazione tra tutte le realtà scolastiche della Ladinia Dolomitica,
contribuirono non poco a incrementare la conoscenza reciproca tra gli alunni e
gli insegnanti delle valli di Gardena, Badia, Fassa, Livinallongo e Ampezzo.
Ricordo specialmente i progetti di didattica museale
“Ladiniatour” e quelli di cooperazione in ambito artistico “Scuntrart”e “Women
in art”.
In collaborazione con gli uffici scolastici del
Friuli-Venezia Giulia e della Sardegna, potemmo inoltre avvalerci dei fondi
previsti dalla legge 482 e di specifici fondi europei per l’ elaborazione e la
realizzazione di un progetto volto all’ identificazione di un modello comune di
formazione degli insegnanti in ambito minoritario, intitolato “Progetto INFO”,
che venne presentato nel 2007 nel quadro di un convegno a Trieste rivolto a
rappresentanti delle realtà scolastiche di tutte le minoranze storiche
nazionali.
Le implicazioni della legge 482 andarono però, per ciò
che riguarda la minoranza ladina dolomitica, ben oltre questi aspetti squisitamente
scolastici ed educativi.
La legge segnò per la prima volta il riconoscimento
inequivocabile da parte dello Stato della dignità linguistica del ladino,
contribuendo così a risolvere almeno in parte la famigerata “questione ladina”
che tanto aveva funestato la discussione accademica e politica circa l’esistenza
fattuale di una lingua ladina dolomitica, non più vista come un mero coacervo
di dialetti alpini, come voleva qualche studioso, specie di scuola italiana in passato.
Posta nel novero della comunità linguistiche storiche
ufficiali, la minoranza ladina veniva in tal modo riconosciuta anche
formalmente nella sua interezza, dopo il riconoscimento per le sole due
province di Trento e Bolzano, in conseguenza dell’attuazione dello Statuto d’ Autonomia
della Regione Trentino-Alto Adige.
Va ricordato che le provvidenze delle leggi statutarie
non si ripercuotevano sulla comunità ladina nel bellunese, sempre più esposta
all’ erosione ed al pericolo di assimilazione.
Ma la stessa legge 482 provocò anche un effetto imprevisto,
dato che ben 36 comuni della Provincia di Belluno, oltre quelli ritenuti
universalmente ladini di Livinallongo del Col di Lana, Colle Santa Lucia e Cortina
d’ Ampezzo, si proclamarono ladini, dando l’avvio ad un’annosa controversia con
i ladini “sellani” del Veneto.
Se da un lato tale adesione ideale poteva essere
interpretata come il risveglio di una ladinità latente della cosiddetta
“anfizona” di ascoliana memoria, vi erano anche dei risvolti problematici di
tale iniziativa, in parte anche strumentalizzata da certi ambienti di Belluno
ai fini della richiesta di un’ autonomia provinciale speciale.
Si ebbero inoltre degli effetti potenzialmente negativi,
dato che i ladini delle zone definite “storiche” si trovarono a concorrere per
gli scarsi fondi regionali previsti per la tutela e promozione del ladino coi
comuni cosiddetti neo-ladini, la cui popolazione era ben più numerosa al
confronto.
Nonostante diversi studi specifici di linguisti
riconosciuti come Hans Goebl dell’ Università di Salisburgo scoprissero le
debolezze congenite dell’ aspirazione neo-ladina, visto che il ladino “vivo”
era presente in misura assai limitata in tali comunità, i comuni, chiamati dai
ladini storici “a bonora”, cioè “ad oriente”, procedettero a fondare , con
fondi regionali, un proprio Istituto Ladino a Borca di Cadore, che si pose in chiara
concorrenza con quello voluto e finanziato dai tre comuni che fanno capo
all’Union Generela di Ladins dla Dolomites a Col nella “Cesa de Jan”.
Gli screzi che vennero a crearsi tra le due parti
disuguali della zona dolomitica bellunese fomentarono tra l’altro il vento di
secessione nei comuni storici, che sfociò nel noto referendum per la
riunificazione alla Regione Trentino-Alto Adige del 2007 con un esito largamente
favorevole all’ iniziativa, cui non seguì però alcun provvedimento concreto, a
differenza da quanto avvenne poi a Sappada che lasciò il Veneto per unirsi al
Friuli-Venezia Giulia.
La delusione tra i ladini dei tre comuni di antica
ladinità non venne neppure mitigata dalle provvidenze per la cosiddette zone di
confine, che le Province Autonome di Trento e di Bolzano finanziarono in
seguito, anche per distogliere i comuni confinanti dalle loro aspirazioni di
unirsi a loro.
Per quanto riguarda i comuni di Livinallongo e di Colle
Santa Lucia pare non vi fosse alcuna remora da parte della Provincia di Bolzano
ad accoglierli, anche vista la contiguità territoriale con la Val Badia e i
profondi intrecci col tessuto turistico ed economico nell’ ambito della
cosiddetta Sella –Ronda del consorzio di impianti di risalita Superski
Dolomiti, mentre riguardo a Cortina d’ Ampezzo la politica sudtirolese appariva
per certi versi più guardinga, forse temendo l’ apporto di una consistente
fetta di popolazione di lingua italiana di quel comune, paventando perciò uno
sconvolgimento dei sensibili equilibri etnici della provincia stessa.
La questione appare ferma al momento, anzi le
amministrazioni attuali paiono più orientate a non forzare ulteriormente la
questione referendaria, anche in vista delle prossime scadenze sportive
olimpiche a Cortina che hanno visto convergere sulla cittadina ampezzana
cospicui finanziamenti nazionali.
Del resto non si vuole toccare un difficile equilibrio di
interessi, data l’ importanza che Cortina d’ Ampezzo riveste per l’ economia
turistica del Veneto e specialmente della Provincia di Belluno.
Della collaborazione interladina in riferimento alla
legge 482 è rimasto l’ appoggio dato dall’ Intendenza Scolastica Ladina di
Bolzano e dalla Regione Trentino-Alto Adige all’insegnamento del ladino e del
tedesco nelle scuole primarie di Livinallongo, formalizzato con un accordo
coll’ Ufficio Scolastico di Belluno nel 2016. In seguito tale iniziativa è
stata estesa a Cortina d’ Ampezzo, sempre colle limitazioni inerenti la legge
stessa, che prevede la volontarietà di tali lezioni, condizionate dall’
adesione dei genitori degli alunni.
Va perseguito il riconoscimento dell’insegnamento del
ladino quale materia curriculare anche nelle zone ladine della Provincia di
Belluno, come andrebbero estese quantomeno alle località ladine “storiche” di
questa provincia tuttora parte di una regione a statuto ordinario le normative
di tutela nel settore culturale e amministrativo esistenti nelle due province autonome
di Trento e di Bolzano , dove esistono ormai da tempo ruoli speciali, procedure
ufficiali di certificazione linguistica e modelli di formazione iniziale ed in
servizio sperimentati per gli insegnanti ladini.
In Provincia di Trento è operante dal 1994 un’amministrazione
autonoma delle scuole ladine in Val di Fassa , denominata Sorastanza, che ha in
passato svolto diverse iniziative per il ladino a scuola , anche con
riferimento alla legge 482, estendendo il raggio di collaborazione anche ad
altre minoranze storiche in Italia.
Nonostante queste valide premesse, la collaborazione tra
la scuola ladina di Fassa, che seppe appoggiarsi alle esperienze pregresse dei
ladini in Provincia di Bolzano per sviluppare seppur con grave ritardo un
proprio specifico modello scolastico ladino, e quella di Gardena e Badia, si
presenta piuttosto saltuaria e non abbastanza incisiva per sfruttare le
possibili sinergie comuni. Ciascuna Provincia pare perseguire una propria
politica culturale ed educativa separata, ciò che si riflette negativamente
sulla tenuta della minoranza ladina nel suo complesso, come si è visto
specialmente per ciò che concerne il mancato riconoscimento di uno standard
linguistico comune, che pure esiste ed è stato elaborato ormai da anni coll’
apporto delle maggiori istituzioni culturali ladine delle tre province.
Procedere in ordine sparso non appare la ricetta migliore
per assicurare la promozione del ladino e la mancanza di un organo di contatto
e di compensazione comune non favorisce l’elaborazione e l’attuazione di una
strategia culturale e linguistica lungimirante. Esistono contatti e progetti
comuni tra i tre istituti culturali ladini di San Martino (BZ), Vigo(TN) e
Colle Santa Lucia(BL), e a volte anche tra le amministrazioni scolastiche
distinte, ma questi non possono sopperire alla mancanza di una visione e di una
pianificazione coerente. Stante i diversi livelli di tutela giuridica della
minoranza ladina nelle tre province, non appare sufficiente appellarsi alla
sola buona volontà dei responsabili nel settore culturale ed educativo per
addivenire ad un impegno comune a favore della promozione della minoranza nel
suo insieme.
Un altro aspetto problematico non va sottaciuto: è la
progressiva emarginazione della questione delle minoranze storiche rispetto
all’ emergenza delle nuove minoranze collegate all’ immigrazione. Nella scala
delle priorità le istanze delle minoranze storiche sono state messe vieppiù in
ombra, tanto da essere spesso sottaciute nel discorso generale attuale.
In Provincia di Bolzano circola purtroppo ancora il detto
che i Ladini siano meno numerosi degli immigrati, quasi si potesse mettere
sullo stesso piano una minoranza autoctona con la congerie di comunità di
recente immigrazione, provenienti da ogni parte del mondo… Purtroppo tali
semplificazioni e banalizzazioni rischiano di compromettere gli sforzi di
quanti si impegnano quotidianamente per mantenere in vita la nostra lingua e la
nostra cultura. Del resto sarebbe ben miope voler mettere in conflitto tra di
loro due istanze parimenti nobili e meritorie, come quella della promozione
delle minoranze storiche e quella dell’integrazione delle nuove comunità di
immigrati.
Senza una doverosa parificazione verso l’alto, cioè con
riferimento al livello più favorevole, dei diritti e delle normative sui Ladini
nelle tre province e senza la creazione di un raccordo e di una rappresentanza
stabile e riconosciuta per i tre tronconi della Ladinia, non sarà possibile
assicurare un futuro certo alla comunità storica più antica nelle Dolomiti.
Descrizione esauriente degli risvolti della legge sulle minoranze per la comunità ladina. Le realtà scolastiche ed associazioni ladine versano in una situazione complessa a causa della mancanza di un approccio comune. La lingua stessa con i suoi idiomi perde seguaci perché la normativa e la tutela non sono le stesse nelle varie provincie ed i promotori del ladino nelle diverse valli spesso hanno visioni contrastanti. Le lingue vicine, il tedesco e l'italiano, sono spesso preferite nell'insegnamento e nell'uso comune perché sono economicamente più rilevanti e aprono più porte sul mercato del lavoro. Il ladino rimane una lingua "in più" per sentirsi a casa parlando con i conoscenti del posto ed i parenti più stretti.
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